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Il lavoro di un Social Media Manager

Si può affermare con assoluta certezza che l’attuale pandemia causata dal virus Covid-19 ha cambiato radicalmente il mercato del lavoro che conoscevamo, relativamente al mondo sportivo ma non solo.

Innanzitutto, è stato rafforzato ed adottato da più realtà il concetto di “smart working”, che porta con sé aspetti positivi, ma anche negativi. Tra i primi, sicuramente l’evitare il traffico mattutino durante il tragitto casa-lavoro; avere i propri tempi ed organizzare di conseguenza le attività da svolgere, ottenendo più tempo per sé stessi. Dall’altra parte, però, si ha la carenza di contatto con le altre persone, siano essi i tuoi colleghi ma anche i clienti, e facili distrazioni, che in un ufficio sono sicuramente minori.

Si è assistito, inoltre, ad un importante aumento della richiesta di tutte quelle figure che operano nel digital marketing, prime tra tutte quella del “social media manager”. Quest’ultima, nonostante ciò, risulta essere ancora vittima di numerosi stereotipi del tipo “Ah ma quindi tu gestisci una pagina Instagram/Facebook e ti pagano per farlo?”. Purtroppo, o per fortuna, il nostro lavoro (dico nostro perché io attualmente svolgo questa funzione), non si limita a ciò. Le nostre giornate tipo sono fatte di piani editoriali, di scelte dei copy migliori per i post da pubblicare e del tone of voice, della scelta delle grafiche, giorni e orari di pubblicazione che si ritengono migliori per il proprio pubblico, di campagne di sponsorizzazione, di strategie per coinvolgere i tuoi followers. E ovviamente, tutto ciò varia in base al cliente che segui (ad esempio, gestire un profilo istituzionale come può essere quello della FIGC Settore giovanile e scolastico, che ho seguito personalmente, sarà senza dubbio diverso dal gestire il profilo di un cliente che lavora nel farmaceutico, tanto per dirne una). Insomma, c’è molto più lavoro di quanto non si creda.

Entrando un po’ più nello specifico, le attività che la figura del social media manager svolge sono molteplici:

  • Prima dell’attuazione di una qualsiasi strategia, effettua una fase preliminare di diagnosi, o per meglio dire, analisi del contesto/scenario, per capire come e dove collocare il brand del cliente, seguita dalla cosiddetta “analisi SWOT” (individuazione dei punti di forza e di debolezza, delle opportunità e delle minacce);
  • Effettua un’analisi specifica, lato comunicativo, del proprio cliente, cercando di capire come si è mosso nel passato, individuando ciò che è stato già fatto sia di positivo che di negativo, evitando quindi di ripetere gli stessi errori e di rifare le stesse cose;
  • Capisce i bisogni del cliente, così da porsi degli obiettivi che devono essere specifici, misurabili e realistici;
  • Individua il proprio target di comunicazione, fondamentale poiché in base da esso dovremmo produrre determinati contenuti ed utilizzare un certo “tone of voice” (essere quindi scherzosi o formali/istituzionali);
  • Una volta stabilita la strategia da attuare, sceglie un’idea di base, un concept, che leghi tutti i contenuti che andremo a creare;
  • Crea un piano editoriale, pianificando per filo e per segno ogni singolo post (copy, grafiche, hashtag e tag, ecc.), scegliendo anche la cadenza di pubblicazione (sia i giorni che gli orari);
  • Risponde ai messaggi privati e ai commenti in maniera professionale e non avventata, cercando di risolvere eventuali problemi dei followers, anche se questi si pongono in maniera sbagliata usando ad esempio un tono saccente ed aggressivo. A tal proposito, c’è una frase di Umberto Eco che mi piace sempre ripetere quando parlo di questo argomento: “I social danno diritto di parola a legioni di imbecilli”, niente di più vero.

La speranza, in conclusione, è che non appena questa pandemia sarà finita, la comunicazione possa tornare ad essere “integrata”, che utilizzi cioè sia l’online, che nell’ultimo anno ha sicuramente preso un posto di rilievo nel panorama comunicativo e lavorativo, che l’offline, a mio avviso, tutt’oggi, il miglior mezzo per un brand per instaurare un rapporto con il proprio cliente finale, sia esso un cliente in senso stretto o un tifoso, nel caso si parli del settore sportivo.

Marco Pedà

Social Media Manager

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